Undertale e la Determinazione – “Ludus Magister Vitae” Capitolo 3

“Potevo mai pensare, allora […] che la vita che m’ero veduta dinanzi libera libera libera, non fosse in fondo che una illusione, la quale non poteva ridursi in realtà, se non superficialissimamente, e più schiava che mai, schiava delle finzioni, delle menzogne che con tanto disgusto m’ero veduto costretto a usare […] ?”

Il Fu Mattia Pascal
di Luigi Pirandello

Lo ricordo come fosse ieri. Gli occhi cerchiati dal sonno, il baccano dei bambini, l’aria fresca del primo mattino, le rondini che sfrecciavano a bassa quota. Ero lì, davanti al cancello della scuola, circondato da facce sconosciute. Impaurito. Dall’alto dei miei sei anni ero perfettamente convinto che tutto sarebbe andato per il peggio. Che non sarei riuscito a legare con nessuno, che persino gli insegnanti mi avrebbero ritenuto inadatto.
Mia madre, in procinto di salutarmi, si accorse che tremavo e mi prese le spalle. Mi disse che il suono di quella campanella sarebbe stato il fischio di partenza, che la vita è un viaggio. Le chiesi, allora, perché viaggiavo e dove stavo andando. Non ci fu risposta e quella domanda rimase a fluttuare nella mia testa anche negli anni a venire.
Dove stiamo andando? A volte mi sento come un topo intrappolato in un labirinto per osservazione o diletto umano. Avverto l’odore del formaggio e per istinto mi muovo nella sua direzione, ma non c’è passo che non sia stato calcolato dal mio carceriere. Soltanto una strada conduce davvero da qualche parte e so che prima o dopo finirò per imboccarla, come per necessità. Della scelta rimane solo l’illusione.
Cionondimeno, oggi voglio esplorare i vicoli ciechi, tendere le orecchie, battere le zampe contro la parete. Cercheremo la libertà, ma voglio mettervi in guardia: servirà tutta la nostra determinazione.

Labirinti digitali: non sono forse questo i mondi videoludici, alla resa dei conti? Spazi costruiti su misura per noi, capaci di restituirci l’illusione della libertà; universi che rispondono da ultimo solo alle regole degli artisti – gli sviluppatori – che li hanno concepiti.
Di questa realtà Undertale, rivoluzionario rpg indie rilasciato per Microsoft e OS X nel 2015 e oggi disponibile su numerose piattaforme, è perfettamente consapevole.
Tanto tempo fa – ci racconta Undertale – tra umani e mostri, prima pacati conviventi, si aprì un conflitto feroce dal quale i secondi uscirono pesantemente sconfitti. Gli umani allora esiliarono i mostri nelle caverne sotto il Monte Ebott, e per buona misura crearono una barriera magica capace di ostruire l’uscita ai vinti – sebbene non l’entrata ai vincitori. E così, anni dopo questi avvenimenti, Frisk, il bambino (o bambina, a vostra discrezione) protagonista del gioco, cade per errore nel sottosuolo, ritrovandosi all’improvviso in un mondo di creature bizzarre…ma, per assurdo, davvero amichevoli. Se pure questi esseri gli daranno supporto, l’obiettivo di Frisk, quello di trovare l’uscita e tornare a casa, sarà però minacciato da Asgore, sovrano che pretende l’anima del bimbo per distruggere la barriera e rivendicare la superficie.
Quello di Undertale è un labirinto con tre uscite: il giocatore potrà risparmiare la vita alle creature del sottosuolo in una pacifist run; sterminarle tutte fino all’ultima nella genocide run; oppure optare per una sana via di mezzo – la neutral run. Si tratta di percorsi alternativi ma sovrapponibili, perché il gioco manterrà memoria delle azioni compiute dal nostro personaggio nelle partite precedenti per presentarci il conto anche in quelle successive.
Dietro l’apparente linearità dello storytelling, Toby Fox, unico sviluppatore dell’opera, ha nascosto il seme di un secolare dibattito etico, filosofico e scientifico, e lo ha fatto attraverso il concetto polisemantico di Determinazione.
In Undertale, la Determinazione è la forza che spinge il protagonista Frisk – e, tra le righe, il giocatore – a relazionarsi con gli esseri del sottosuolo, a sopravvivere alle battaglie, a salvare la partita e a ricaricarla: a raggiungere, infine, il traguardo desiderato. La differenza tra umani e mostri, al di là delle sembianze, sta proprio nel fatto che solo i primi posseggono questo enorme potere, e sono quindi capaci di resistere alle difficoltà fino a realizzare i loro obiettivi. Se crede in se stesso, l’uomo è capace di opporre la Determinazione persino alla morte, laddove una creatura del sottosuolo, di norma, non può che rassegnarsi al proprio fato.

Secondo l’Enciclopedia Treccani, uno dei significati della parola “determinazione” è “volontà risoluta”, “azione e conseguenza del determinare, cioè stabilire o indicare con esattezza”. E d’altronde, dalla prospettiva del giocatore e per estensione di Frisk, non c’è dubbio che la Determinazione di Undertale celi il libero arbitrio, la possibilità, offertaci dal gioco, di decidere in prima persona l’approccio con i mostri e di conseguenza l’esito della vicenda.
Quella del libero arbitrio non è solo una rappresentazione teologica, ma prima di tutto un archetipo filosofico che ha radici davvero risalenti. Mi viene in mente il filone antropocentrico greco, in cui figurano tra gli altri Protagora e Appio Claudio. Rispettivamente nel V e IV secolo a.C., questi pensatori asserivano che l’uomo fosse la misura di tutte le cose, l’artefice del proprio destino; secondo loro l’individuo sarebbe quindi capace di dettare le regole dell’universo in cui vive – perché, percependolo, contribuisce a crearlo.
“Homo faber fortunae suae”: molto più tardi, nel Quattrocento, queste parole sarebbero divenute il motto di un’importante corrente culturale, l’Umanesimo, ovvero l’epoca in cui la riflessione etica e filosofica si sarebbe sganciata – pur temporaneamente – dal funzionamento del mondo e raccolta attorno all’essere umano, in una rivalutazione delle sue problematiche e potenzialità.
Se abbracciamo questa linea definitoria, la Determinazione di Undertale diventa, sul piano politico, auto-determinazione: la possibilità del singolo di prendere decisioni autonome circa la propria vita e il proprio corpo, senza che nessuno – Stato o gruppo privilegiato – possa fare alcunché per impedirlo.

C’è, tuttavia, un secondo modo di interpretare la parola “determinazione” ed è, sempre stando alla Treccani, “l’essere provocato o prodotto come conseguenza diretta e necessaria”. Se fino ad ora abbiamo discusso di libertà, scelte e possibilità dell’individuo, questa nuova definizione ci obbliga a rimettere le carte nel mazzo, mescolarle e pescare una nuova mano, perché non siamo più nel campo del libero arbitrio ma in quello del determinismo. È vero, in Undertale a decidere il corso della storia è la Determinazione di Frisk, eppure ogni medaglia ha il suo rovescio: con l’arrivo del bimbo, i mostri del sottosuolo, già esiliati dagli umani, si ritrovano in un vortice di eventi su cui non hanno alcun potere e dal quale dipenderà, in ogni caso, la loro esistenza o la loro gratificazione. Sono, dal primo all’ultimo, destinati a subire – e nel caso di alcuni a bramare – la Determinazione del protagonista.
La formulazione più nota del principio determinista ce la dà il matematico francese Pierre Simon Laplace nel suo “Saggio sulle probabilità”, pubblicato nel 1814: “tutti gli avvenimenti, anche quelli che per la loro piccolezza non sembrano essere dominati dalle grandi leggi della natura, ne sono una conseguenza così necessaria come le rivoluzioni del Sole”. Parafrasando, per Laplace non esiste accadimento, micro o macroscopico che sia, che non derivi per necessità dalle regole che ordinano il mondo. La volontà dell’individuo non ha alcun valore, giacché ciò che accadrà è scritto – determinato – dalla materia universale. Anzi, precisa lo scienziato, se l’essere umano avesse, per ipotesi, un’intelligenza illimitata, potrebbe comprendere l’universo così a fondo da ricostruire con esattezza sia il passato che il futuro. Il fatto che questa consapevolezza assoluta – passata alla storia come “demone di Laplace” – non esista è positivo, perché porterebbe l’individuo a realizzare l’inutilità delle proprie scelte, a rassegnarsi, a lasciarsi vivere. Lo sa bene lo scheletro Sans, l’unico tra i mostri a percepire i cambiamenti che Frisk sta apportando alla sua dimensione; una capacità che, a mio parere, avvicina il personaggio all’intelletto superiore teorizzato da Laplace. Questo npc è stato infatti programmato per conservare memoria anche delle azioni annullate dal giocatore ricaricando la partita, e delle scelte operate nelle run di gioco precedenti. Sans vede tutto e sa di essere impotente dinanzi alla risolutezza di Frisk, vera legge del suo universo.
E se i videogiochi sono labirinti digitali, allora a pensarci meglio persino il giocatore, come Sans e i mostri tutti, è costretto a seguire regole che trascendono la sua volontà. D’altronde, come abbiamo riconosciuto in apertura, è lo sviluppatore a definire i dettagli dell’esperienza ludica, dalle superfici percorribili dal nostro avatar agli sviluppi di storia e gameplay. È tutto determinato, dall’inizio alla fine. Che ci piaccia o no.

Quella tra libero arbitrio e determinismo è una querelle che ha per secoli diviso gli intellettuali, a causa del fascino che ciascuna delle due prospettive ha esercitato sia su filosofi che su matematici. Nessuno degli schieramenti è mai riuscito a prevalere sull’altro, e nemmeno Undertale prende una vera posizione, lasciando piuttosto il concetto di Determinazione all’empatia e all’esperienza del giocatore.
La vita è un viaggio, disse mia madre quella mattina di tanti anni fa. Ma siamo davvero liberi di scegliere il porto a cui attraccherà la nostra barca, o sarà il mare in tumulto a decidere per noi? Insomma, dove stiamo andando?
Solo il demone – l’intelletto superiore – ipotizzato da Laplace potrebbe avere una risposta. Cionondimeno sono convinto che, nel dubbio, sia alla libertà che dobbiamo aggrapparci, fosse anche solo un inganno dei sensi. Fare altrimenti, lasciarsi trascinare dalle onde, andare avanti per inerzia, de-responsabilizzarsi – è pericoloso.
E allora perché non dare un lieto fine al topolino che abbiamo lasciato vagare tra i vicoli del labirinto? Perché non immaginare che, assieme al formaggio, abbia fiutato anche il raggiro? Se chiudo gli occhi riesco quasi a vederlo, mentre issa le zampe anteriori sulla cima della parete, mentre scavalca, mentre balza via da quella prigione di plastica. E ora eccolo lì, che corre all’impazzata verso la finestra del laboratorio, dove il vento primaverile gli pettinerà il pelo. È una bellissima giornata, là fuori.

Membakar – 17/05/2021

Un ringraziamento speciale a Damiano D’Agostino (damians.ndd su Instagram) per la revisione, le consultazioni e – non da ultimo – la disponibilità.

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